sabato 21 maggio 2011

144° Post - SHORAI TEIEN

Un saluto a chi mi legge.
La presentazione dello SHORAI TEIEN


SHORAI TEIEN
Donazione del tempio zen " Kodai-ji"

Kodai choro : Konan   -   Il giardino SHORAI

Fin dai tempi antichi il pino è stato un elemento indispensabile del giardino giapponese: sempre verde, non alterato dai cambiamenti di stagione, esso è stato associato ad un'idea di indistruttibilità. Tale caratteristica lo rende adatto ad accompagnare ogni avvenimento felice della vita dei giapponesi.
La forma del pino, irregolare e movimentata, facilita l'opera del giardiniere, che con il suo intervento crea un'armonizzazione totale dell'albero con l'ambiente, esaltando con sapienti accorgimenti la bellezza naturale  del pino.
Nella lingua giapponese, il termine sho significa pino, shorai significa futuro, mentre il suono sho sho ricorda il rumore degli aghi del pino mossi dal vento.
Il giardino SHORAI

Questo giardino è stato "inviato" dal Giappone in Italia in segno dell'amicizia che lega gli abitanti di Kyoto a quelli di Firenze e con l'augurio che tale legame possa rimanere inalterato nel tempo.

Le foto quì riprodotte e il "testo scritto" sono stati ricavati dal Giardino delle Rose di Firenze, sede scelta nel 1998 dall'architetto giapponese Yasuo Kitayama, per la collocazione del  Giardino SHORAI.

Cordialità
Sopangi.   

sabato 14 maggio 2011

143° Post - Arte Parietale.

Un saluto a chi mi legge.

La grotta di Lascaux, in Dordogna (Francia)
 La grotta di Lascaux, chiusa al pubblico dal 1963, è una delle più importanti grotte decorate del Paleolitico. Fu scoperta nel 1940 e le analisi al radiocarbonio la datano tra il 15 mila e il 14 mila a. C.
dati ricavati dal Libretto di ARCHEOLOGIA VIVA allegato al Video "Il Segreto di Cosquer" Pitture paleolitiche in una grotta sottomarina - pag. 14 e 15.

da WIKIPEDIA- L'Enciclopedia libera.
L'arte parietale era, per gli uomini del paleolitico, una rappresentazione del soprannaturale.
Riflessione:
le rappresentazioni pittoriche "a parete" soprattutto a carattere "sacro" che sono state realizzate nel tempo storico, dalle molteplici varietà di popoli che ci hanno preceduto e che ancora oggi si possono ammirare in molte "costruzioni" templari e non ( molte nella nostra Italia), penso che potrebbero ispirarci a "vedere" nei suoi aspetti più intimamente evocativi,  un "continuo" operativo, con le prime rappresentazioni "paleolitiche" pur nelle loro "differenze" dei soggetti rappresentati.


Cordialità
Sopangi.




 


giovedì 5 maggio 2011

142° Post - Il Cielo (Seconda Parte).

Un saluto a chi mi legge.

Osservatorio di Arcetri - Firenze



 L'introduzione di questo Post si può leggere nel 140° Post - Il Cielo.

Cordialità
Sopangi

Seconda ed ultima parte, trascritta dal Libro "Il Cosmo degli Antichi" pag. 115 inizio pagina 116.

L'Africano, vedendo il nipote soprappensiero e con lo sguardo rivolto al lontano pianeta, lo rimprovera: "Non vedi dunque a quali spazi celesti sei giunto? Guarda: tutto l'universo è costituito di nove circoli, o per meglio dire, sfere". La più vasta è quella delle stelle fisse che abbraccia tutti i cieli e si identifica con la divinità stessa, al di sotto di questa vi sono i sette cieli planetari, di cui il più lontano è quello di Saturno, quindi c'è Giove, benefico agli uomini, e Marte, rosseggiante e funesto. In una posizione mediana ruota il Sole, che è guida, capo e moderatore di tutti gli astri. Seguono Venere, Mercurio e infine la Luna. Sulla Terra tutto è caduco e mortale, meno le anime date dagli dei agli uomini. Il nostro pianeta è posto al centro dell'universo e verso di esso sono attratti tutti i pesi. Ognuna di queste sfere produce un suono, la più lontana, quella delle stelle fisse, ha un tono acuto e vibrante, la Luna basso e grave. In totale vi sono sette tonalità e quel numero è il vincolo di tutte le cose. Così assordante è il suono prodotto dalla rapidissima rotazione dell'universo che gli uomini non possono percepirlo, come non possono fissare la luce del sole, perchè gli occhi sono abbagliati dal fulgore dei raggi. Publio Cornelio non si decide però a staccare gli occhi dalla terra e l'Africano prende allora a descrivere il globo, spiegando al nipote che non tutto è popolato. Le due zone estreme sono irrigidite dal gelo, la parte centrale è bruciata dal sole e restano abitabili solo due lati, quello australe dove  si trovano gli antipodei, "che nulla possono sapere di quanto avviene fra voi", e quello boreale, piccolo e limitato. Nel complesso la terra emersa è assottigliata ai poli, estesa in larghezza e circondata dall'Atlantico. Nella nostra vita, troppo breve e insignificante per essere ricordata in eterno, bisogna operare bene per avere il meritato premio finale, che consiste nel raggiungere i cieli in cui dimorano le anime dei beati in forma di stelle. "Tu - dice l'avo al nipote - non sei quello che appari nella tua forma corporea", l'anima è la tua vera essenza. "Sappi questo: tu sei un dio; poichè divina è la forza che opera in noi, che vive, sente, ricorda, prevede, e regge e governa e muove il corpo, cui è preposta, allo stesso modo che il sommo dio onnipotente regge e governa il mondo". 
Nel Pantheon ancora oggi si apre una porta verso il cielo e il cono di luce che cade dall'alto fa pensare a una scala celeste, alla via percorsa dalle anime beate, chiamate a dimorare in eterno nella Via Lattea, il cerchio splendente dei virtuosi.
Vedremo più oltre, nelle illustrazioni di Botticelli della Divina Commedia, Dante che sale al settimo cielo tenuto per mano da Beatrice e l'artista, nel raffigurare la scena disegna un cono di luce in tutto e per tutto simile a quello che giornalmente possiamo ammirare nel grande tempio del cielo voluto da Adriano.

fine Seconda Parte.





mercoledì 4 maggio 2011

141° Post - Il Cielo (Prima Parte).

Un saluto a chi mi legge.

Osservatorio di Arcetri - Firenze

L'introduzione a questo Post è nel 140° Post - Il Cielo.

Cordialità Sopangi

Dal Capitolo-Astronomi e Astrologi-del Libro "Il Cosmo degli Antichi" riporto lo scritto dell'ultima parte della pagina 112 e della pagina 114.

Il Pantheon dimostra che la religione dell'Epinomide platonico era divenuta, nell'Impero romano, la religione delle classi dirigenti.
Cicerone in più passi del De Republica conferma questa ipotesi. Egli era amico e discepolo del grande astronomo Posidonio che tenne scuola a Rodi, ereditando il ruolo e probabilmente gli scritti di Ipparco di Nicea. I fenomeni astrali e le vicende terrestri erano per lui strettamente connessi. A sigillo conclusivo dell'opera Cicerone pone un brano, tradizionalmente tramandato come il Sogno di Scipione, che ebbe grande fortuna per le implicazioni cosmologiche e l'avvincente spiegazione del rapporto tra uomo e cielo. Nell'equilibrio dell'opera l'epilogo rivestiva una particolare importanza, poichè lasciava intravedere i legami inscindibili tra la virtù politica e la beatitudine celeste. Se per Platone la salvezza dell'anima si conquistava grazie alla filosofia, per Cicerone ciò poteva avvenire attraverso l'adesione all'etica repubblicana.
La storia è ambientata a casa del re di Numidia, Massinissa, un leale alleato dei Romani e un sincero amico degli Scipioni. Il re accoglie Publio, giovane rampollo della potente famiglia e protagonista della vicenda, con una significativa invocazione agli dei astrali: "Grazie a te, o sommo Sole, e a voi tutti, dei del cielo", per avermi concesso di vedere prima che muoio un giovane Scipione.
Quella notte Publio si addormenta profondamente e in sogno gli appare il famoso avo, l'Africano, che lo rassicura con la voce e lo prega di ricordare bene quanto gli dirà. Comincia così un viaggio astrale, durante il quale il giovane Romano incontra l'anima del padre e gli chiede perchè mai gli uomini siano costretti a rimanere prigionieri del corpo che impedisce di salire nel firmamento. Questi risponde che le porte del cielo si apriranno solo quando dio, cui appartiene lo spazio infinito, avrà liberato l'anima. Il nostro dovere consiste nel prenderci cura della sfera terrestre posta al centro del cosmo, perchè l'anima è stata data all'uomo "da quei fuochi eterni" chiamati costellazioni che ruotano circolarmente, "animate da mente divina". L'amore per la patria, la vera virtù del cittadino, è la via maestra che porta al cielo, e conduce in quel consesso di uomini le cui anime brillano come gli astri sfolgoranti in quel circolo di luminosissimo candore detto dai terrestri, con nome greco, Via Lattea. Publio, nel sogno, si trova proprio lì e dall'alto contempla le sfere planetarie e vede gli altri corpi celesti, fulgidi e bellissimi, di cui molti mai visti dalla terra, e di inimmaginabili dimensioni. L'astro più piccolo, la luna, è il più vicino al nostro globo e il più lontano dal cielo e non brilla di luce propria. La terra gli appare piccolissima dinanzi al volume degli astri, tanto da causare un forte sgomento al giovane, insoddisfatto e deluso dai limitati confini dell'Impero romano.

fine Prima Parte.

domenica 1 maggio 2011

140° Post - Il Cielo

Un saluto a chi mi legge.


Mi appresto a scrivere una introduzione ai Post 141 e 142 che seguiranno a questo Post, il cui Titolo vorrebbe anticipare ciò che sarà l'argomento dei due Post successivi.
L'idea è venuta leggendo il Libro dell'Autore, Eugenio Lo Sardo " Il Cosmo degli Antichi" - edito da DONZELLI Editore - le pagine che trascriverò sono la 112 nella parte finale, la 114 la 115 e la 116 nella parte iniziale del Capitolo "Astronomi e Astrologi".
Circa il Libro in oggetto vorrei riportare alcune frasi finali riferite all'Autore e che si possono leggere sul retro della Copertina :
Attraverso immagini e visioni, l'autore ricostruisce le molte strade tentate per spiegare alcuni enigmi del cosmo che solo con Galileo e la rivoluzione scientifica cominciarono a trovare un'adeguata risposta.
Una lettura affascinante, una sintesi quanto mai completa e di estrema chiarezza per ripercorrere le mille credenze sull'universo e la sua natura e le spiegazioni che gli uomini si sono dati a cavallo dei secoli e delle civiltà.

Introduzione ai Post 141 e 142.
Verso la metà del 1500 e fino alla metà del 1600 (e successivamente fino ai nostri giorni) si verificò un profondo cambiamento relativamente alla "visione" del Cosmo. Visione che fino a quel momento, il 1500, aveva formato le Coscienze di molti Popoli. (Non ho volutamente inserito i Nomi degli scienziati-astronomi che ebbero il "merito" con il loro studio e ricerca, di determinare il "cambiamento" della visione del Cosmo, per favorire l'approfondimento dell'argomento, al Lettore che nè riconoscesse il valore.)
Credo peraltro, che ancora oggi in non pochi " ambienti" sia data "particolare" attenzione a quella Visione del Cosmo che ha preceduto il "cambiamento" avvenuto appunto verso il 1500, naturalmente non è mia intenzione entrare nel merito, nè dare giudizi sulle motivazioni, poichè come più volte ho scritto, non è  compito di questo mio Blog.
Da "comune" cittadino, posso però porre degli interrogativi, con l'augurio che Coloro che hanno le capacità ed il "ruolo" di "tracciare" le linee conoscitive per la Comunità Umana, attraverso la loro "riverente onestà intellettuale", sappiano indicare facendolo comprendere, come il contenuto formale delle "Credenze" (che dovrebbero nel loro significato e scopo, orientare dando risposte agli interrogativi a cui la Gente "comune" esercita il proprio intimo sentire, senza poterne dare individuale soluzione), non debbano poi determinare ulteriori difficoltà di comprensione, quando i loro "contenuti" si considerino nel rapporto con le attuali "conoscenze" astronomiche e scientifiche.
Ho pensato così di riportare lo scritto (sono appunto le quattro pagine che proporrò nei due Post successivi) che trascrivo dal Libro "Il Cosmo degli Antichi" che dovrebbe servire nel mio intento a stimolare una "riverente" e responsabile riflessione, sul Valore del suo significato e sulla verifica se il  suo "contenuto"  ancora oggi possa servire come riferimento per i nostri interrogativi sui significati del nostro vivere.
In ultima analisi i Post 141 e 142 vorrebbero rappresentare un "esercizio" di buona analisi intellettuale su ciò che "pensiamo" della Realtà che "tutti"  ci troviamo a condividere e sperimentare nella sua essenzialità sensorialmente percepita, ma che  "intellettualmente" possiamo rappresentarci in molteplici modi, secondo,  "l'educazione" ricevuta.

Cordialità
Sopangi.

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