Con questo Post, termino di trascrivere i Pensieri di Arthur W. Osborn. Questo titolo del Post è lo stesso riportato dal Libro l'asse e il cerchio - edito da Astrolabio (come già riferito nel Post 155) ed è la continuazione del Capitolo L'Identità Personale, trascritta nel precedente Post.
Tengo a precisare che nonostante avessi questo Libro nella mia piccola libreria personale da circa 30 anni, avevo letto alcune delle prime pagine molto tempo fà, ho iniziato la lettura del libro dandovi la dovuta attenzione e trovando molti significati, solo circa un mese fà.
Cordialità,
Sopangi.
PERCHE' PENSIAMO A "UN'ANIMA" (da pag. 132)
Per spiegare l'identità personale nel mezzo del cambiamento postuliamo un'anima o qualche "centro" permanente come nostro "vero sé". Questo modo di pensare è di tipo meccanicistico. Stiamo cercando di costruire un modello concettuale; qualcosa di accessibile al linguaggio comune. Nel capitolo XIV abbiamo detto che un'anima immutabile sarebbe un'anomalia, e che un'anima mutevole ci coinvolgerebbe in un regresso all'infinito. Persiste tuttavia una disposizione profondamente radicata a pensare in termini di, "un'anima". Questo perchè l'universo fenomenico ci si presenta sotto gli aspetti della stabilità e del cambiamento. Sembra che ci siano "cose" che non cambiano sebbene la qualità di queste "cose" sia sempre in cambiamento. Questo è il mondo delle nostre percezioni. Gli oggetti si stagliano nello spazio e rimangono gli stessi sia che noi li vediamo o meno. Montagne, alberi, sedie e altri oggetti in una varietà infinita, sembrano esistenti, indipendenti, reali, in possesso di mutevoli qualità di tatto, gusto, profumo, odore e colore senza influire su quella che potremmo chiamare la loro "essenza di cose".
Sappiamo che questa è un'immagine ingannevole del mondo, e abbiamo attirato l'attenzione su questo fatto nel capitolo XIV, nel paragrafo intitolato Mente e materia (Post 156) . I cosiddetti oggetti stabili sono semplici postulati per spiegare i nostri dati sensoriali. Non ha quindi significato dire che essi hanno delle "qualità". Tutto ciò che effettivamente conosciamo è il nostro mondo puramente psicologico di sensazioni, sul quale basiamo le nostre speculazioni su quello che potrebbe accadere al di fuori di noi. Se consideriamo i nostri sensi come delle "finestre" nel senso del nostro guardare attraverso di esse a un mondo esterno indipendente. Abbiamo discusso la questione nel capitolo VIII quando abbiamo considerato la Teoria della Corrispondenza della Verità.
Tuttavia la maggior parte del nostro pensiero è basata sul mondo familiare dell'esperienza sensoriale, e questo a dispetto del fatto che, sia filosoficamente che fisicamente, sappiamo che il mondo sensoriale deve essere un'apparenza di una qualche Realtà più profonda.
(Mi permetto di aprire una parentesi perchè non mi trovo in accordo con l'Autore, nello svalorizzare ciò che l'Autore stesso e non solo lui usa definire come "apparenza" il Mondo sensoriale che percepiamo e viviamo, dando la sensazione che tale Mondo sensoriale sia cosa di poco conto, appunto un'apparenza, a vantaggio di ciò che l'Autore, e non solo lui, vuol definire come Realtà più profonda. La mia personale convinzione è che attraverso un "rispettoso" rapporto conoscitivo nei confronti di ciò che percepiamo e conosciamo attraverso i nostri Sensi, "nel Mondo sensoriale " di cui siamo parte integrante, si possa ampliare la nostra comprensione di ciò che "impropriamente" si vuole definire come Realtà più profonda sottostante al "mondo sensoriale come apparenza", inquanto tale separazione concettuale può fuorviare e non far comprendere la ragionevole relazionalità fra le due definizioni "Realtà e Mondo Sensoriale").
(Mi permetto di aprire una parentesi perchè non mi trovo in accordo con l'Autore, nello svalorizzare ciò che l'Autore stesso e non solo lui usa definire come "apparenza" il Mondo sensoriale che percepiamo e viviamo, dando la sensazione che tale Mondo sensoriale sia cosa di poco conto, appunto un'apparenza, a vantaggio di ciò che l'Autore, e non solo lui, vuol definire come Realtà più profonda. La mia personale convinzione è che attraverso un "rispettoso" rapporto conoscitivo nei confronti di ciò che percepiamo e conosciamo attraverso i nostri Sensi, "nel Mondo sensoriale " di cui siamo parte integrante, si possa ampliare la nostra comprensione di ciò che "impropriamente" si vuole definire come Realtà più profonda sottostante al "mondo sensoriale come apparenza", inquanto tale separazione concettuale può fuorviare e non far comprendere la ragionevole relazionalità fra le due definizioni "Realtà e Mondo Sensoriale").
Il nostro linguaggio è derivato dai dati sensoriali, e se percepiamo "cose" che sembrano essere permanenti nel mezzo del cambiamento, tendiamo ad applicare questo tipo di pnsiero alla nostra esperienza psicologica. E' quindi naturale per noi pensare a "un'anima" come a un'entità permanente proprio come pensiamo a oggetti fisici stabili.
L'IDENTITA' PERSONALE E' UN DATO DI FATTO SIA CHE L'ATTRIBUIAMO O NO A UN'ANIMA.
L'identità personale è un dato di fatto della nostra esperienza e questo fatto non può essere modificato rifiutando una semplice parola come "anima" e neppure qualsiasi altra forma verbale. La personalità è la gloria che corona l'umanità. E' per questo che lo spirito umano si ribella istintivamente contro qualsiasi regime, politico o istituzionale, che minacci di schiacciarci in quanto persone.
Non abbiamo bisogno di nessun argomento per convicerci che tutti i valori nascono da persone sviluppate al loro massimo. La personalità può fiorire soltanto nella massima libertà.
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