venerdì 24 gennaio 2014

235° Post - Volgendo lo Sguardo.

Un saluto a chi mi legge.





Mi pregio trascrivere dal Libro "Galileo Dialoghi dei Massimi Sistemi" - Oscar Mondadori - alcune note (illuminanti), tratte dalla "benefica" vita del Signor Galileo Galilei.


Cordialità,
Sopangi.


dalla Introduzione pagina VI
Galileo nacque a Pisa il 15 febbraio 1564 da Vincenzo Galilei e da Giulia Ammannati, ma si considerò "nobile fiorentino", perché di Firenze erano il padre e i suoi antenati.

si legge ancora dalla Introduzione - fine pagina XI e pagina XII
Mentre le nuove idee suscitavano polemiche violentissime e sarcastiche, Galileo, ottenute le adesioni dei maggiori astronomi e matematici del tempo ( e prima fra tutte quella di Giovanni Keplero, che quando riuscì a vedere i satelliti di Giove con un cannocchiale che Galileo stesso aveva inviato all'Elettore di Colonia, esclamò, con le estreme parole di Giuliano l'Apostata: "Vicisti, Galilaee!", volle recarsi a Roma per trar dalla sua, i dotti padri gesuiti del Collegio Romano, che, dopo i primi tentennamenti e le prime incerte osservazioni telescopiche fatte con un cannocchiale difettoso e di piccolo ingrandimento, s'accingevano a far sentire la loro autorevole parola d'approvazione.
Il viaggio del marzo 1611 a Roma parve ai nemici una fuga: si disse che Galileo era "disperato di poter rispondere e render buon conto delle sue asserzioni"; si sussurrò di dissapori a corte: e fu invece un viaggio trionfale. Ospite dell'ambasciatore di Toscana, circondato dai più illustri studiosi dell'Urbe, i padri gesuiti tennero in suo onore un'adunanza accademica alla quale vollero conferire particolare solennità facendo intervenire alcuni cardinali, e confermarono, se pure con qualche insignificante riserva, tutte le sue scoperte scientifiche; il papa Paolo V lo ricevette con benignità e "non comportò" ch'egli dicesse "pure una parola in ginocchioni"; alti prelati, aristocratici, "litterati" vollero guardare col portentoso "occhiale" il cielo e ascoltare la sua parola avvincente che dava incaute anticipazioni sulla vera struttura dell'universo.
Il cardinale Maffeo Barberini (il futuro papa Urbano VIII che poi lo perseguiterà sino alla morte e oltre) scrisse della "virtù ond'era ornato il signor Galileo" e la sua ammirazione esprimerà in seguito in versi latini; l'austero cardinale Bellarmino, pur non accettando se non come ipotesi le nuove idee, non disdegnò d'accostare l'occhio al "cannone overo ochiale" del "valente matematico"; e l'ammirazione generale veniva riassunta dal cardinale Del Monte in una lettera al granduca di Toscana, che concludeva: "se noi fussimo ora in quella Republica Romana antica, credo certo che gli sarebbe stata eretta una statua in Campidoglio, per onorare l'eccellenza del suo valore".

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