Riflessione di Sopangi:
Etimologicamente la parola "devozione" significa : stato d'animo di reverenza, affezione, obbedienza, venerazione. Provo però anche a configurarla come una parola composta da dovere e azione (devo-azione), ciò fa comprendere il "movimento" a cui la parola rimanda e che può coinvolgere la nostra complessità istintiva-emozionale-mentale. La misura della intensità è data dal grado di consapevolezza con cui ci apprestiamo a mettere in atto il "movimento" che la parola devozione porta in se.
Penso anche che, al di là delle configurazioni cui la parola devozione ha assunto nel "tempo" relativamente ai "luoghi" e "culture diverse", l'atto della devozione sia "già inscritto" nella struttura di ogni essere vivente e che le configurazioni di volta in volta assunte siano comunque determinate dalla loro innata "radice" naturale.
Tale "radice naturale" a mio avviso ha valore in se a prescindere dall'Immagine cui l'atto della devozione si riferisce e perché vi sia devozione, naturalmente prima vi deve essere un "riconoscimento" del "valore" dell'Immagine e potrebbe risultare proficuo considerare anche come e perché nasca in noi il "riconoscimento del valore".
La Devozione è "produzione" di vitalità.
L'Immagine è la rappresentazione visiva di una "idea", sulla quale possiamo esercitare il proprio atto di devozione.
La natura della "idea", ciò che "l'idea" racconta e dice rappresenta quindi l'anima dell'Immagine, è attraverso essa che il luogo ove l'Immagine viene posta, diviene "contenitore" e "trasmettitore" di vitalità.
Nel luogo ove risiede l'Immagine, anche la "vitalità" trasmessa da ogni partecipante (anche se in diversa misura), contribuirà a determinare quell'Atmosfera vitale nella quale ogni partecipante potrà trovare un proprio "compimento".
Cordialità,
Sopangi.