domenica 21 dicembre 2014

250° Post - Il Tempo della Vita

Un saluto a chi mi legge.


Con questo Post che ho intitolato Il Tempo della Vita e che rappresenta un mio Canto che riporto per intero e che ho già espresso nel Post n° 8 anche se modificato nell'ultima parte, ho deciso di giungere al termine della mia esperienza da Blogger, più precisamente ciò avverrà il 6 Gennaio 2015, in quella data iniziai a riportare i miei Pensieri, le mie riflessioni e buoni Articoli di alcuni Autori sui temi da me trattati. Quanto da me scritto durante questi 5 anni, ha rappresentato e rappresenta in molte delle sue parti, un Sincero sentimento di partecipazione, un contributo personale per tutti coloro che pur in modalità personali e differenti, vivono la sensibilità di certi Argomenti ideali.
Termino questo breve scritto salutando Coloro che hanno avuto modo di imbattersi in "Un Paese Sognato" e Coloro che nel tempo ne  avessero ancora  l'occasione.

Cordialità,
Sopangi.


Il Tempo della Vita

Io emergo in questo Mondo dal Grande Atto Creativo Vitale,
completo della creativa, combattiva, costruttiva, ordinativa capacità
ed assaporo questo Magico Mondo cangiante,

movimento e riposo, prosperità e visione,
l'alternanza degli eventi stimola l'atto del mio conoscere,

io conosco e mi conosco,
piango, rido, intuisco, penso mi confermo parlo, canto
ed in me stesso confidando, io fò,

intrepido, se pur amico della prudenza,
mi appresso alle opportunità che mi si propongono,

leggo, imparo, rifletto scelgo agisco,
lavoro, gioco, guadagno con profitto
per i miei progetti, che realizzo,

osservo, comprendo, acquisisco, coltivo semino raccolgo,
interrogo, mi interrogo, con le mie capacità formate
e caratterizzanti la mia operatività vitale.

Il Centro Galattico è Unificante
Nel Sistema Solare la Luce Solare è Vivificante
I Nove Pianeti Vitali,
Mercurio Venere Terra Marte Giove Saturno Urano Nettuno Plutone
ne Costituiscono il Sistema
La Ricchezza della Terra mi rinfranca e mi ristora
 la Ciclicità Lunare  è Rigenerante,

la mia Stella mi illumina il cammino,

l'Immensità Celeste,
fa'
da Eterno Sfondo a Questo Comune Vivere Vitale
in cui le Diversità, native e formate,
nella comprensibile reciprocità
hanno la loro Ragion d'Esistere.

giovedì 20 novembre 2014

249° Post - Omaggio a Firenze

Un saluto a chi mi legge






 A  Fiorenza

da splendide mura ammantata,
adagiata in terra fiorente,
contornata da dolci colline,
allieti lo sguardo di chi sà vederti,
da geometriche forme vestita
lo splendore dei Nùmi ti fanno Disegno

o bella Firenze.

                             Sopangi

domenica 19 ottobre 2014

248° Post - La "mia" Firenze

Un saluto a chi mi legge.




Veduta del Ponte alle Grazie


La Foto riproduce un Antico dipinto, Autore Burci - fa parte di una "raccolta di Dipinti"a cura di EDIZIONI D'Arte I.F.I. Firenze


Cordialità,
Sopangi.

domenica 21 settembre 2014

247° Post - La "mia" Firenze

Un saluto a chi mi legge.


La Piazza della Signoria

Veduta del Palazzo Vecchio, della Loggia e della Piazza, con la Festa degli Omaggi
nella solennità di S. Giovanni Battista, protettore di Firenze.
La costruzione di Palazzo della Signoria ( o Vecchio dopo che Cosimo si installò al Pitti)
fu iniziata nel 1299 da Arnolfo da Cambio.

Per quanto scritto nel 243° Post, riporto per questo mio Blog, l'ultima Immagine "nel suo originale in bianco e nero" della Firenze nel '700, a cura del Giornale LA NAZIONE in collaborazione con: Libreria Editoriale Fiorentina.
Prima di terminare, trascrivo dall'Opuscolo che accompagnava le Incisioni, ancora una breve presentazione dell'Autore.

Cordialità,
Sopangi.

Giuseppe Zocchi,  "pittore che conta", capace di "inventare opere ingegnose", lavora "con la più grande esattezza nella prospettiva": dopo le lezioni di Joseph Vernet, studi a Roma, Bologna, Venezia, la Lombardia che lo assegnano con pieno diritto al vedutismo calligrafico, ma sempre con grande gusto scenografico, lo troviamo occupare la funzione di "Pittore della Bottega delle Pietre Dure"; non a caso, infatti, il Lanzi ne sottolinea l'abilità soprattutto nei piccoli formati.
Spinto dal suo Mecenate, il Gerini, lo Zocchi si accinge ad illustare Firenze fissandola in decine di vedute disegnate che vedranno la luce dopo il 1743, riprodotte in acquaforte.
Ben ventidue Incisori, tra cui lo Zocchi, abile calcolografo, oltreché disegnatore, vengono chiamati da Gerini in Firenze da ogni parte d'Italia per realizzare l'opera, sotto la guida illustre di Johann Gottfried Seuter.

lunedì 18 agosto 2014

246° Post - La "mia" Firenze

Un saluto a chi mi legge.




L'Arno verso valle dal Ponte San Nicolò

Veduta di una parte di Firenze presa fuori della Porta San Nicolò
sulla parte del fiume Arno delimitata dal dislivello creato dalla
Pescaia a San Nicolò.



Per quanto scritto nel 243° Post, riporto altra Immagine nel suo originale in bianco e nero, della Firenze nel '700, a cura del Giornale LA NAZIONE in collaborazione con : LIBRERIA EDITRICE FIORENTINA - 

aggiungo una breve descrizione delle Tecniche dell'Acquaforte che trascrivo dall'Opuscolo che accompagnava le Incisioni.


LE TECNICHE DELL'ACQUAFORTE

L'acquaforte è un particolare procedimento di incisione. I suoi tratti hanno una inconfondibile nitidezza e possono raggiungere straordinaria finezza ed eleganza.
La storia. La tecnica dell'a. fu probabilmente inventata nei Paesi di lingua tedesca nei primi del XVI° sec. Durer, fra il 1515 ed il 1519, incise sette acqueforti su lastre di ferro.
Si distinsero nel '500 gli italiani: dal Parmigianino, al Barocci, ad Agostino Caracci; nel '600 ancora il Grechetto ed il fiorentino Stefano della Bella, con il trionfo nel '700 di quattro mirabili Maestri: Tiepolo, Canaletto, Piranesi e Goya.
Dopo un secolo di profonda decadenza, nell'800, vi è stata una riscoperta della tecnica dell'a. da parte degli Impressionisti francesi. 
Famosi gli italiani Bartolini e Morandi.
La tecnica. Si crea una "matrice" costituita da una lastra di rame o zinco, sulla quale i tratti sono rappresentati da solchi più o meno sottili prodotti dalla "morsura" di un acido. Perchè l'acido intacchi la lastra solo nei punti voluti si copre quest'ultima con una apposita vernice nera. Si scopre poi il metallo in corrispondenza del disegno voluto graffiando la vernice con punte di acciaio.
Poi si immerge la lastra nell'acido. Una sola immersione provoca solchi tutti ugualmente profondi; si usa perciò lavorare variamente la lastra, con punte diverse, con una diversa pressione della mano, dividendo la operazione di "morsura" in più fasi: si conoscono incisioni, per es. Degas, che richiesero sino a venti fasi.


Cordialità,
Sopangi.

martedì 15 luglio 2014

245° Post - La "mia" Firenze.

Un saluto a chi mi legge.



Per quanto scritto nel 243° Post, riporto altra Immagine "nel suo originale in bianco e nero", della Firenze nel '700, a cura del Giornale LA NAZIONE in collaborazione con : LIBRERIA EDITRICE FIORENTINA.


sul retro della Stampa si legge:

Il Duomo e il Battistero

veduta della Metropolitana fiorentina e del Battistero
di San Giovanni, animati dalla lunga processione del Corpus Domini,
in cui si manifesta tutto il gusto dello Zocchi per le figurine.


Cordialità,
Sopangi.

sabato 14 giugno 2014

244° Post - La "mia" Firenze

Un saluto a chi mi legge.





Con riferimento a quanto scritto nel 243° Post, riporto un'altra Immagine "nel suo originale in bianco e nero", della Firenze nel '700, a cura del Giornale  LA NAZIONE in collaborazione con: LIBRERIA EDITRICE FIORENTINA.

                                                    sul retro della Stampa si legge:


La Piazza Santa Croce


La Piazza, da sempre  luogo di festeggiamenti, è qui sontuosamente
trasformata per la partita di "calcio" disputata nel 1738
alla presenza del Gran Duca Francesco di Lorena;
tutta la scena è impregnata dello spirito della commedia dell'arte
con il ricordo dei Trionfi rinascimentali.


Cordialità,
Sopangi.

domenica 25 maggio 2014

243° Post - La "mia" Firenze.

Un saluto a chi mi legge.


Mi sono permesso, nel Titolo del Post, di scrivere , la "mia" Firenze - naturalmente non per appropriarmi della  Città del Fiore - ma, questo è certamente un modo "affettuoso" di Tutti i fiorentini di esprimersi nei riguardi della propria Città.

Sia in questo che in altri Post che seguiranno, riporterò Immagini della "mia" Firenze che ricavo da varie fonti che di volta in volta mi premurerò di citare. Ritengo dover dare Intervallo alle molte mie considerazioni che compongono questo Blog e cosa posso trovare di meglio per fare ciò se non rivolgermi  con Immagini alla "mia" Città !

D'altra parte, sono giunto al Post con il presente 243° e quando iniziai, mai avrei pensato di arrivare così "lontano" - ho avuto modo ed occasione di esprimere molte considerazioni e chi vorrà, potrà coglierne senso e significato fin dal mio primo Post.

La presente Immagine è tratta da una raccolta che fu Editata negli anni 90' (se ben ricordo) dal Giornale La Nazione di Firenze in collaborazione con la Libreria Editrice Fiorentina. Nella Presentazione della Raccolta si legge :Giuseppe Zocchi cronista, fotoreporter di una Firenze settecentesca, fissa in immagini i suoi palazzi, monumenti, ponti, strade, scorci insoliti, ed una insolita consuetudine - per noi oggi - con le vie d'acqua. A parte queste ultime, seguendo le immagini dello Zocchi, par di girare oggi alle quattro del mattino per Firenze, senza ingombri di traffico. Potrebbe essere , se non la popolasse un'umanità varia, non scontata, né rituale, ma viva, colta nelle sue quotidianità, nelle sue relazioni sociali, nei suoi abiti e costumi ................." la Presentazione continua nelle sue descrizioni - aggiungo una breve presentazione dell'Autore, sempre tratta dalla Raccolta -
Giuseppe Zocchi, nativo del territorio fiorentino all'incirca nel 1717, fece ottimi studi sotto la protezione del nobile mecenate Marchese Andrea Gerini.

Per concludere, ritengo doveroso precisare che l'incisione che l'Immagine sopra riportata rappresenta, è stata da me colorata negli anni 90' con l'intento sincero di aggiungere una personale "emozione" - alla bravura indiscussa dell'Autore, e che è servita soltanto per  scopo personale.

La Piazza Santa Trinità
Sfilano nella veduta il Palazzo Bartolini Salimbeni (1517-1520);
il Palazzo Buondelmonti con la sua loggia (XIII°sec.)
il complesso merlato Spini-Ferroni con al centro la prospettiva
scenografica del Ponte Santa Trinità.
La colonna commemora (1560) la vittoria di Cosimo I° a Scannagallo.
    Fonte LA NAZIONE in collaborazione con LIBRERIA EDITRICE FIORENTINA


Cordialità,
Sopangi.


venerdì 9 maggio 2014

242° Post - Inspirare...Espirare...

Un saluto a chi mi legge.





Inspirare...Espirare...

Inebriarsi dei profumi dei prati in fiore
con percezione stabilizzata,
comporsi
per risuonare all'unisono
con i suoni della "natura" circostante,
cogliere in sé
il Senso significante della vita.


Cordialità,
Sopangi.

lunedì 21 aprile 2014

241° Post - Cultura consapevole.

Un saluto a chi mi legge.



Cultura consapevole.

Vi sono linee di pensiero che si ripetono, incrociandosi o sovrapponendosi più volte nel tempo, e, individuandosi in punti focali, assommano in loro significativi particolarismi che per loro struttura, possono determinare i più svariati e indefiniti comportamenti condizionati e condizionanti, contribuendo così alla formazione di poliedriche e discordanti personalità.
L'atto del conoscere, proporzionalmente edificato alla consapevolezza dei meccanismi attivanti, può predisporsi in fertilità creativa, "supporto" favorevole per una Soggettività armonizzante.


Cordialità,
Sopangi.

lunedì 7 aprile 2014

240° Post - Comporsi.

Un saluto a chi mi legge.

Firenze - Piazza Santissima Annunziata.

Comporsi.

Cogliendo il Senso del mio presente,
considerando i ragionevoli limiti,
che la costituita struttura individuata
porta in sé,
penso salutare "percorrere"
con nobile sentimento,
le alterne ritmicità del proprio esistere,
 donando pause ristoratrici
ai supposti perché.


Cordialità,
Sopangi.

domenica 23 marzo 2014

239° Post - della Diversità...il Significato.

Un saluto a chi mi legge.


     
 della Diversità...il Significato.

La capacità della possibile ragionevole inclusione
 nella propria coscienza, della Diversità vivente,
può essere equiparata
al "valore" dell'atto discriminante,
relativamente a ciò che viene
di volta in volta soggettivamente 
analizzato come Diversità,
in funzione della possibile comprensione del suo Significato.


Cordialità,
Sopangi.

sabato 8 marzo 2014

238° Post - darsi Significato...Assimilando.

Un saluto a chi mi legge.




Etimologicamente la parola "assimilare" significa, rendere simile e fare proprio.

riflessione personale:

l'atto dell'assimilare rappresenta a mio avviso, una "primaria" fase di apprendimento conoscitivo, costruttivo e costitutivo di ciò che si manifesta come "individualità".
Nella "spontaneità" dell'apprendere, l'assimilazione trova la propria funzionalità ed il proprio significativo compimento.
La ripetizione consapevolmente ritmica dell'atto dell'assimilare, ne potenzia la sua fattibilità creativa, beneficiando con ciò la capacità e possibilità dell'azione produttiva, traducendone così il senso di ciò, in significato "individuale" e facendo diventare l'atto, asse portante informativo e formativo, precipuo alla Costruzione del proprio ed altrui Significato vitale.

Cordialità,
Sopangi.

domenica 23 febbraio 2014

237° Post - Diritto alla "propria" Identità

Un saluto a chi mi legge.


Mi accingo ad esporre una mia riflessione personale di non facile comprensione, è un sintetico scritto attuato di getto, condito da geometrica astrazione e riferito al titolo di questo Post:

Il diritto alla Identità non può essere un "dovere" imposto "dall'esterno".
La costruzione identitaria è questione volitiva e si fonda sui "componenti" in proprio possesso.
La propria Identità è una "Questione" - io,me stesso - io e gli altri io - io e il Mondo animato - io nel Mondo animato - io con il Mondo animato.
Valori nelle disuguaglianze - La ragionevolezza delle Diversità vitali - Comporre, comporsi e ricomporsi nella Complessità.

Comprendere il senso del significato, dato all'idea del Ricomporre parti incognite di un Insieme non concettuabile e benché tale osservazione appaia contraddittoria, ritengo comprensibile il fatto ora menzionato, poiché nel mio intento esplicativo, il Ricomporre non può per sua logica affermativa, esser composto di immagini rappresentabili, poiché diversamente né occulterebbero l'intimo Valore e l'intrinseca Vitalità, che l'atto in se del Ricomporre, vuole rappresentare comunicativamente.
Il Ricomporre quindi, in questo specifico caso è atto in se, completo di senso e di significanza, senza aggiunta di alcunché, è modalità operante in ragionevole libertà, è l'atto "naturale" di manifestare una propria specifica operosità identitaria.


Cordialità,
Sopangi.

domenica 9 febbraio 2014

236° Post - Comporsi di Significato

Un saluto a chi mi legge.



Mi soffermo alla vista e promuovo attenzione,
colgo colore e forma
e con misurata sensibilità
provo a viverne l'intimo significato,

liberando la mente dall'automatismo della traduzione
per meglio comprendere,
 con la sintonizzazione
posso intuire il senso della comunicazione ispirante.


Cordialità,
Sopangi.

venerdì 24 gennaio 2014

235° Post - Volgendo lo Sguardo.

Un saluto a chi mi legge.





Mi pregio trascrivere dal Libro "Galileo Dialoghi dei Massimi Sistemi" - Oscar Mondadori - alcune note (illuminanti), tratte dalla "benefica" vita del Signor Galileo Galilei.


Cordialità,
Sopangi.


dalla Introduzione pagina VI
Galileo nacque a Pisa il 15 febbraio 1564 da Vincenzo Galilei e da Giulia Ammannati, ma si considerò "nobile fiorentino", perché di Firenze erano il padre e i suoi antenati.

si legge ancora dalla Introduzione - fine pagina XI e pagina XII
Mentre le nuove idee suscitavano polemiche violentissime e sarcastiche, Galileo, ottenute le adesioni dei maggiori astronomi e matematici del tempo ( e prima fra tutte quella di Giovanni Keplero, che quando riuscì a vedere i satelliti di Giove con un cannocchiale che Galileo stesso aveva inviato all'Elettore di Colonia, esclamò, con le estreme parole di Giuliano l'Apostata: "Vicisti, Galilaee!", volle recarsi a Roma per trar dalla sua, i dotti padri gesuiti del Collegio Romano, che, dopo i primi tentennamenti e le prime incerte osservazioni telescopiche fatte con un cannocchiale difettoso e di piccolo ingrandimento, s'accingevano a far sentire la loro autorevole parola d'approvazione.
Il viaggio del marzo 1611 a Roma parve ai nemici una fuga: si disse che Galileo era "disperato di poter rispondere e render buon conto delle sue asserzioni"; si sussurrò di dissapori a corte: e fu invece un viaggio trionfale. Ospite dell'ambasciatore di Toscana, circondato dai più illustri studiosi dell'Urbe, i padri gesuiti tennero in suo onore un'adunanza accademica alla quale vollero conferire particolare solennità facendo intervenire alcuni cardinali, e confermarono, se pure con qualche insignificante riserva, tutte le sue scoperte scientifiche; il papa Paolo V lo ricevette con benignità e "non comportò" ch'egli dicesse "pure una parola in ginocchioni"; alti prelati, aristocratici, "litterati" vollero guardare col portentoso "occhiale" il cielo e ascoltare la sua parola avvincente che dava incaute anticipazioni sulla vera struttura dell'universo.
Il cardinale Maffeo Barberini (il futuro papa Urbano VIII che poi lo perseguiterà sino alla morte e oltre) scrisse della "virtù ond'era ornato il signor Galileo" e la sua ammirazione esprimerà in seguito in versi latini; l'austero cardinale Bellarmino, pur non accettando se non come ipotesi le nuove idee, non disdegnò d'accostare l'occhio al "cannone overo ochiale" del "valente matematico"; e l'ammirazione generale veniva riassunta dal cardinale Del Monte in una lettera al granduca di Toscana, che concludeva: "se noi fussimo ora in quella Republica Romana antica, credo certo che gli sarebbe stata eretta una statua in Campidoglio, per onorare l'eccellenza del suo valore".

sabato 11 gennaio 2014

234° Post - Cronache da Firenze "fine '800"

Un saluto a chi mi legge e Buono Anno 2014


Mi pregio trascrivere dalla  Rivista Mensile "FIRENZE INFORMA" del Luglio-Agosto 2006 - Editore MEDIA POINT - Firenze -  un Piacevole Articolo sulla Firenze di fine '800.

Cordialità,
Sopangi.

Il ventre di Firenze, storia di un mercato che non c'è più.

"Non fu giammai così nobil giardino a quel tempo, egli è Mercato Vecchio che l'occhio e il gusto pasce al fiorentino".
Così, nel 1373 Antonio Pucci, campanaio e banditore, celebrava il Mercato Vecchio di Firenze.

Colori, grida e profumi dell'anima popolare.Ma quale poteva essere una giornata tipo nel Mercato Vecchio? Tutto era regolato dalla campana che era fissata alla Colonna dell'Abbondanza: le attività iniziavano con il sorgere del sole e terminavano poco dopo il tramonto, scandite dal suono di quel campanaccio. Entrando dal Baccano, che era un tratto di strada tra via Calzaiuoli e le logge del Mercato Nuovo, ci si trovava immediatamente in via Calimala e già si poteva dire di essere nel Mercato Vecchio, (oggi Piazza della Repubblica) che nel corso degli anni si era allargato a numerose vie limitrofe.
Era uno spettacolo di grida, risate, rumore di zoccoli dei cavalli di passaggio, suoni di musici che cercavano di rimediare qualche soldo, e poi i colori dei vari tendaggi che coprivano spesso la mercanzia di ogni bottega, una sorta di prolungamento di tela, spesso sgargiante, che si allungava per la strada, che sfiorava la gente, in una sorta di vera e propria casba. E gli odori, tra i più disparati: di fritto, di spezie, di pesce, miscelati al tanfo dei rifiuti di tutti i tipi che lordavano le strade, perché in quanto a igiene si stava maluccio.
Vicino alla Colonna dell'Abbondanza (che ancora oggi benché spostata di posto, si può ammirare in Piazza della Repubblica) per esempio, si spellavano le teste di agnello dopo averle scottate nell'acqua bollente della caldaia, e i resti si ammassavano negli angoli. Sulla sinistra di Calimala, si poteva trovare la bottega del Valenti, famoso per le acetose, le orzate e per il popone in guazzo.
L'umanità che brulicava era la più varia: serve affaccendate, cuochi con la sporta, contadini con carretti dalle campagne, popolani che cercavano di tirare avanti spendendo "co'gomiti" quel poco che avevano.
Lì, si fiancheggiava il palazzo dell'Arte della Lana dove c'erano i friggitori di roventini, di gnocchi, di sommommoli e di pesce che cuocevano in grandi padelle di rame. Nel tratto fino a via delle Sette Botteghe, avevano il negozio linaioli, canapai e venditori di ferracci. Nelle sere speciali, magari di venerdì e di sabato di qualche vigilia, oppure a Quaresima, lo spettacolo era sorprendente: "Le fiaccole delle padelle di sego, o dei lumi a olio infilati sopra un bastone, e le fiamme dei fornelli sui quali le padelle friggevano esalando l'acre odore di pesce e di baccalà, mandavano a distanza dei bagliori rossastri, degli sprazzi di luce e degli effetti di ombra curiosissimi" .
Si urlava richiamando i passanti e mostrando loro la cena da portare a casa: frittelle di mela, carciofi, baccalà, pesci d'Arno e fiori di zucca. I fumi e gli odori unti e grevi impregnavano i muri dell'Arte della Lana, che era una delle più antiche, famose e ricche di Firenze, con le sue 200 botteghe che davano lavoro a circa 3000 persone, e ben quattro tiratoi in città.
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